“Tirare fuori e non mettere dentro”

Mafalda, il mentore

Persone venute da lontano, persone arrivate lontano. Ungheresi, italiani, stranieri. Le loro storie scendono dolcemente, goccia a goccia. Guardate i  cerchi sull’acqua che creano! Di seguito, vi presenterò i personaggi più importanti del mio progetto di volontariato. Prima di tutto, una ragazza italiana che oltre ad essere il mentore per me e gli altri volontari, è un’ispirazione e una buona amica. In lei si trova creatività senza limiti, empatia, iniziativa, cuore e spirito.

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Ci siamo conosciuti a giugno 2015 – su Internet. La sua foto la mostrava con faccia dipinta, colorata. In quanto fan delle belle arti, mi sembrava un’ “anima gemella”. Così ho deciso di scriverle un’e-mail, sconosciuta: “Secondo te il corso che organizzate andrebbe bene per me? Sono una giornalista, vorrei tornare in Italia e non ho idea di come procedere dopo la mia laurea. La mia motivazione è adeguata?” E mi ha risposto gentilmente: “Iscriviti!”

La prossima scena, gennaio 2016. Mangiavamo pizza accanto ad una fontana a Roma, questa volta incontrandoci personalmente. Parlavamo dell’impatto del corso estivo e poi è emerso che ci sarebbe potuta essere una continuazione, una collaborazione a lungo termine. Si cercavano volontari stranieri per un programma annuale coordinato dalla loro organizzazione. Di nuovo, mi ha detto: “Iscriviti!”

Passavano i mesi, e io facevo a Budapest cose simili a quelle che lei faceva in Italia. Ho coordinato programmi per giovani stranieri e ho scritto articoli. Poi ho partecipato ad un altro training a gennaio 2017. Lei era  formatrice, io ero partecipante. Ci siamo fatte l’occhiolino. Per la prima volta abbiamo parlato del programma di volontariato per cui avevo fatto domanda l’anno prima e che è stato approvato. Ho annuito quando mi hanno chiesto se sapevo chi sarebbe stato il mio mentore: “Non solo lo sarà in futuro, lei lo è già.”

È arrivata la fine di giugno 2017. Ci sedemmo sulle scale di una piazza medievale. La notte è arrivata. Qualche ora prima ero scesa dal treno. Lei mi è venuta a prendere alla stazione e mi ha accompagnata con la macchina al nostro alloggio. “Ti aiuterò a comprare la carta SIM, aprire il conto in banca, e ti mostrerò la città. Andiamo!”

Poi un salto nel tempo: prendiamo una tazza di tè da lei a dicembre 2017. Parlo della mia attuale vita da volontaria e condivido la mia ultima idea. “Voglio fare mini interviste con le persone più importanti della mia vita qui. Sarei contenta se tu fossi la prima. Puoi raccontarmi chi è Mafalda in questo momento? ”

Una persona alla ricerca di un equilibrio – ha cominciato con una bella melodia di lingua, in italiano. – Sento di aver fatto molti percorsi importanti, ho imparato tanto, ma quest’anno é stato molto difficile. Succede in questo tipo di lavoro se non ti prendi cura di te; perdi la motivazione. E questo è un lavoro che se non stai bene con te stesso, non puoi fare. Perché se uno non si trova in una buona condizione, si può finire anche per fare potenzialmente male agli altri, perché è un lavoro in cui bisogna darsi molto, bisogna ascoltare. Proprio per uscire da questo periodo un po’ buio, ho cercato di sperimentare e portare nel mio lavoro sempre di più tutte le cose che mi fanno stare bene tutti giorni. Inoltre, quello che mi è venuto di scrivere per una breve presentazione di me, per un infopack: “I’m a compulsive doodler, impro actress and wannabe singer, that tries to support people in finding a way how to express themselves, their unicity and the things that make them be them, so their stories.” Ed é quello che mi piace del concetto di educazione: tirare fuori e non mettere dentro.

– Come puoi descrivere il tuo lavoro?

Il mio lavoro per l’Italia non esiste nel senso che effettivamente non è riconosciuto. Quello che faccio io sono attività di formazione, facilitazione per giovani ed adulti, diversi tipi di gruppi e background. Sono specializzata in formazione per educatori, quindi principalmente lavoro o con gruppi di giovani o con gruppi di educatori, insegnanti, operatori, nel campo dell’educazione non formale. Cerco di creare degli scambi dove le persone possono imparare attraverso un rapporto alla pari, sopratutto attraverso un approccio esperienziale,  quindi molto basato sul fare, riflettere su quello che si è fatto, e scambiarsi e confrontarsi con gli altri. Principalmente lavoro sui temi della comunicazione, dello sviluppo personale, mi piace appunto portare  tutte quelle metodologie creative, artistiche che fanno parte nel mio background personale, dal teatro alla scrittura, il disegno, il canto, ultimamente tanto il gioco. Anche ho un forte background in gestione di gruppi interculturali dove la diversità è molto forte, dove le persone tra l’altro usano spesso una lingua veicolativa che spesso è l’inglese. Quindi di conseguenza, in realtà per me è anche abbastanza strano lavorare in italiano, comunque con gruppi che appartengono allo stesso gruppo linguistico, allo stesso background, perché sono abituata a molta varietà con i gruppi con cui lavoro.

– Chi è una ispirazione per te?

Non parlerò del presidente della nostra organizzazione perché sarebbe banale, ma per me la figura del mentore si chiama Katrin. Lei è una formatrice austriaca che ho conosciuto ormai quasi 7 anni fa. L’ho sempre vista come una donna incredibilmente forte ma vulnerabile. Per me lei è stata un modello assoluto. La dolcezza e allo stesso tempo la competenza che lei porta ai gruppi, il modo in cui si apre, tiene lo spazio e ti consente di aprirti, mi sempre ha affascinata. È una donna coraggiosissima, con una grandissima intelligenza.

– Come dovrebbe essere il personaggio di mentore, secondo te, in generale?

Idealmente è una persona che è lì per offrirti un orecchio a cui poter parlare, aiutarti a rilevare elementi della tua storia, del tuo processo e aiutarti ad unire i puntini. Ognuno sceglie che cosa vuole condividere con il proprio mentore. Magari ti aiuta nel farti le domande giuste ma ovviamente le risposte le devi trovare tu. Però è un processo di iniziazione, un processo d’autovalutazione che secondo me è molto importante sopratutto al livello di appprendimento.

Dopo la intervista, nel frattempo, siamo entrati nell’anno nuovo. Lei è a Roma, io sono a Viterbo. Siamo venute da lontano, siamo arrivate a lontano. E ancora siamo per strada.

Lilla Gősi
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How to keep the fire

Lilla
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After years of constant moving, finally, I could stop in Italy. Before, I had been changing place, country, apartment, role, profession, language. Attempting to recreate the bondless happiness of half year Erasmus in Firenze, my first definitive foreign adventure in 2012. Since then, only five years passed, but I feel like a marathon-runner, who has discovered precious pieces of her puzzle wherever she went.

I remember:

  • the colourful bungalows of Whitstable, crispy seaside walks and biking, eternal green fields, white cliffs, the ample, majestic Canterbury Cathedral, my cat-ladys and all the supportive, nice people who were keeping me in line on my lonely hero’s journey, studying in England (… and last but not least, I remember the shortly deceased master chéf, RIP, Antonio Carluccio with whom I had a super short interview; his simple humbleness was a big honour and a real wow – as he said, the secret of good food and good life is using maximum 3-4 strong but likewise good ingredients);
  • museuming, “flâneuring” and immersing ourselves in arts in that Parisian spring with my group of inspiring, international friends (… and of course, how could I forget our Hungarian-vegetarian-philosophical community and the first steps towards a sustainable  household? );
  • trying to slow down and BUILD (numerous things, in so many areas, with the hope to improve and open up the world) in Hungary, while exploring more my motherland; commuting, hiking, volunteering, training, writing.dsc_0745

Since I was getting paid for working as a journalist and coordinating youth voluntary projects (asking, listening to and sharing amazing stories of amazing people), after a while, I got tired of  walking in my challenge zone and fighting. Because a lot of  times, I faced barriers difficult to overcome and tackle.

So the main reason behind my decision to apply for the EVS was to change perpectives, and share stories as a volunteer who lives, works, writes in Italy. (In most cases, about Italy, and till now, in most cases, to Hungarian readers in my weekly blog.)

Moving  worked out well for me. I am happy. And I believe, it is because you cannot feed a fire solely with fire itself. And so, if I were fire, this storyful reality would be my wood and air: the lands, the people, the work and the fact that in this EVS project I can not only collect stories, but experience, try, do and live through them! For instance, I will never forget the day when we started harvesting olives in the farm with locals. Hard to express how much I enjoyed every step. Likewise, our everyday activities make me glad: learning the language, personal and collective stories, about the past, regional history, good practices etc.

3_El kell érni, hogy leessenek a bogyók

Back to track, in a nutshell, I was coming to this EVS in Italy hoping (that can seem a childish wish at first glance, but after all, that is really how it happened!) to find my heart, be able to balance, and keep the fire. Because, during this previous, intense, shifting period of my life, more or less, I had always found motivation, work, objectives, place to live, people caring about me and people about whom I cared. However, that little pulsing organ deep down, in the hustle and bustle, came too close to stop, and not to give a curious leap, not even hearing another new story again.  And for a storyteller, this is definitely not a good sign.

motivation sve

Till now, life proves me. My EVS project has given to me more positive things than I could ever dream about.  I am surrounded with great people who would catch me if I happen to fall. I learn something exciting and new every day. And important,  I found my heart. Or probably my heart has found me. We may never know the truth. But that is already another chapter of the story.